GASTRONOMIA

In Italia gli utilizzi dell’olio di oliva nelle preparazioni culinarie sono illimitati, e vanno dagli antipasti alle salse, dalle minestre fino agli arrosti e a tutti i piatti tipici regionali, comprese pizze e focacce. Un patrimonio di sapori caratterizzato dalle molteplici qualità degli oli tipici delle zone di produzione. Il gusto dell’olio, infatti, può variare non solo da una regione all’altra, ma persino da fattoria a fattoria, da podere a podere. Insalate cotte o crude, minestroni, paste e fagioli, fave e cicoria, bagnetto piemontese, pesto, friselle pugliesi, umili bruschette, raffinate maionesi, sono solo alcune delle ricette che necessitano l’impiego dell’olio crudo. Laddove è richiesto l’uso a caldo si apre un altro capitolo gastronomico senza fine: per soffritti, brasati, stufati, arrosti, sughi, ragù e via di seguito, l’olio è insostituibile sostegno che accompagna morbidamente i diversi tipi di cottura. Si è poi rivelato il grasso ideale anche per le fritture, piatto di non facile preparazione, che suscita anche diffidenza da parte di chi teme influenze negative per la salute. L’olio di oliva, grazie al suo basso contenuto di acidi grassi polinsaturi termolabili, alla cospicua presenza di acido oleico, che non è termolabile, al punto di fumo di 300°C dell’ extra vergine, uno dei più alti di tutti gli oli, si presenta come il grasso che alle temperature richieste dalla frittura subisce minori trasformazioni dannose per la salute, rispetto ad altri tipi di oli vegetali o grassi animali. L’ostacolo prezzo è superato dal fatto che l’olio di oliva, nella friggitrice regolata da termostato che non permette di superare i limiti di temperatura, può essere sostituito meno frequentemente rispetto ad altri oli. La ‘cultura’ dell’olio, oggi particolarmente riconosciuta sia in ambito culinario che sanitario, sta contando tra i suoi protagonisti anche i ristoranti. L’aroma e il sapore dei singoli oli secondo la zona di produzione meritano il riconoscimento: così, dopo la carta dei vini, nei ristoranti più sensibili alle tradizioni gastronomiche, circola sempre più anche la “carta degli oli”, presentata ai commensali perché possano scegliere l’olio più gradito per accompagnare il pranzo. Sulla “carta degli oli”, accanto al nome dell’olio e della regione di provenienza, è suggerito l’abbinamento più congeniale per il piatto. Da millenni l’olio d’oliva è protagonista nella tavola mediterranea. L’olio extravergine di oliva, derivato esclusivamente dalla spremitura meccanica delle olive, non è solo una delizia per il palato o un semplice condimento, ma un vero e proprio alimento. L’olio di oliva è tra tutti gli olii vegetali quello a più alto grado di digeribilità da parte dell’organismo umano. Oltre ai trigliceridi e grassi polinsaturi, contiene infatti sostanze antiossidanti come vitamina E, polifenoli, fitosteroli, clorofille e carotenoidi, che esplicano un’azione protettiva per il nostro organismo. Grazie a questi elementi l’olio extravergine di oliva può contribuire a bloccare l’attività dei radicali liberi, cioè i composti chimici responsabili dell’invecchiamento delle cellule. L’olio d’oliva fornisce altresì un ottimo apporto di precursori della vitamina A e grazie a ciò l’olio extravergine di oliva impedisce la secchezza delle mucose e rallenta l’invecchiamento della pelle. La presenza di significativi livelli di vitamina D, fa sì che l’olio d’oliva permetta una buona assunzione del calcio nell’ intestino e una conseguente buona attività contro la decalcificazione ossea negli anziani.. La sua elevata digeribilità gli consente di essere considerato un ottimo veicolatore di sostanze antiossidanti e vitaminiche presenti in altri alimenti ed in sua assenza difficilmente assimilabili. L’equilibrata presenza dell’acido Linoleico, ed il giusto rapporto con i suoi derivati ac. Linolenico e ac. Arachidonico, favorisce l’eliminazione del’ colesterolo attraverso l’intestino riducendo il pericolo di malattie coronariche, di calcoli biliari e di trombi. Inoltre, è noto che il consumo abituale può aiutare a prevenire i tumori del colon e della mammella, ma anche le malattie cardiovascolari, perché grazie alla presenza di acido oleico rende le lipoproteine più solubili e ne aumenta la capacità di rimuovere il colesterolo. Come sostengono i nutrizionisti, l’olio extravergine di oliva è un prodotto che aiuta la digestione ed è ottimamente assorbito dall’organismo in qualsiasi età, in virtù della sua percentuale di acidi grassi di origine vegetale. Grazie alla presenza di acido Oleico la struttura dell’olio d’oliva resta praticamente inalterata fino a 200°C. L’olio extra vergine di oliva è quindi un alimento fondamentale per tutte le diete. Per i bambini, per il grande apporto di acido oleico presente anche nel latte materno, alimento perfetto sotto qualsiasi punto di vista; per gli sportivi perché è fonte di energia prontamente digeribile e nell’età senile in quanto limita la perdita di calcio nelle ossa. La sua ricchezza di grassi di origine vegetale è molto importante per dare energia e salute al nostro prezioso organismo. Abbinamenti gastronomici del ‘monocultivar coratina’: Ottimo per esaltare i piatti poveri della cucina mediterranea, piatti dal gusto deciso: bruschette, primi piatti di pasta, minestre, legumi,verdure cotte, carni, arrosti,, cruditè, insalate… Non consigliato, a causa del suo gusto deciso, per il pesce ed i piatti delicati.

Focaccia barese

  “La focaccia barese si prepara mescolando farina di grano tenero, sale, lievito e acqua. Ne deriva un impasto piuttosto liquido che si versa in una teglia rotonda, si condisce con olio, pomodori freschi, olive e poi si cuoce nel forno a legna. Proprio perché l’impasto è liquido, i pezzi di pomodoro sprofondano nella pasta, creando e riempiendo dei piccoli crateri morbidi che diventano le parti più buone della focaccia. Si mangia calda ma non bollente, avvolta in un pezzo di carta da panificio, uscendo da scuola, al mare, per cena o anche per pranzo (o merenda o anche colazione, ma questa è roba da esperti): veloce, economico e deliziosamente unto. la vera focaccia è quella con pomodori, bordi bruciacchiati e basta. Va accompagnata, possibilmente, da una bella bottiglia di birra molto fredda. Se poi uno ha proprio voglia di un’incursione nell’alta cucina, il piacere supremo è… la focaccia calda farcita con fette sottilissime di mortadella tagliata sottile che, al contatto con la mollica calda e fragrante, sprigiona un profumo che fa impazzire le ghiandole salivari.   ingredienti 250 gr farina 0 250 gr semola rimacinata di grano duro 4 cucchiai di olio extra vergine di oliva (per l’impasto) 1/2 cubetto di lievito di birra 300-350 ml circa di acqua tiepida 2 cucchiaini di sale 1 cucchiaino raso di zucchero 4 -5 cucchiai di olio (circa) 50 ml di acqua 10 pomodorini ciliegini (circa) origano q.b. sale q.b. preparazione mescolate le due farine setacciate in una ciotola capiente e mettere il lievito, sciolto precedentemente insieme allo zucchero, in 100 ml di acqua tiepida presi dal totale. Mentre si impasta (a mano o con l’impastatrice) continuare ad aggiungere la restante acqua poco per volta e per ultimi l’olio e il sale. Impastare energicamente fino a quando l’impasto risulterà omogeneo, elastico, ma morbido; lasciarlo lievitare in luogo tiepido, coperto con pellicola per alimenti, fino al raddoppio, quindi ribaltarlo in una teglia di circa 35-40 cm di diametro, ben unta di olio extravergine. Con le mani, anch’esse bagnate di olio, stendere la focaccia, accomodandola delicatamente nella teglia; mettervi su i pomodorini tagliati a metà, con la parte convessa rivolta all’esterno; coprire la focaccia con un canovaccio umido e porla nel forno spento a lievitare per circa 15 minuti. Nel frattempo preparare un’emulsione, sbattendo con una forchetta l’acqua, l’olio, una presa di sale e versarla sulla focaccia. Spolverizzare con l’origano e infornare in forno caldo a 200° per circa 30 minuti. Appena cotta, una volta sfornata, avvolgere la teglia con un canovaccio umido e lasciare intiepidire la focaccia prima di gustarla.

Favetta e cicorie

  Ingredienti 250 G Fave Secche, 1 kg di Cicoria Selvatica, Olio extravergine di oliva Sale,Pepe, 1 cipolla , 1 pomodoro ramato.   Preparazione Mondate le fave da eventuali impurità, mettetele in un colino, sciacquatele sotto il getto dell’acqua e mettetele a bagno in abbondante acqua tiepida per almeno 4-5 ore (o anche per tutta la notte). Trascorso questo tempo, scolatele e mettetele in una casseruola di terracotta a fondo pesante.Unitevi la cipolla ed il pomodoro tagliati a dadi e coprite le di acqua fredda. Coprite e mettete la casseruola sul fuoco, interponendo una reticella rompifiamma. Non appena si alza il bollore, salate, abbassate la fiamma al minimo e lasciate cuocere per circa 1 ora senza mai mescolare fino a quando le fave saranno tenerissime e quasi disfatte. Intanto mondate la cicoria, lavatela più volte sotto l’acqua corrente e lessatela in abbondante acqua salata in ebollizione. Scolatela ancora al dente e tenetela in caldo. Quando le fave sono pronte, conditele con 3 cucchiai d’olio e lavoratele energicamente con un cucchiaio di legno in modo da trasformarle in una purea che dovrà essere non troppo densa. (Se necessario, fatela addensare per qualche minuto sul fuoco, mescolandola continuamente oppure diluitela con qualche cucchiaio di acqua calda). Distribuite la purea caldissima nei singoli piatti con accanto una porzione di verdura. Insaporite fave e cicoria con un’abbondante macinata di pepe e con altro olio e servite caldissimo. Si passa una forchettata di cicoria dentro la purea di fave e si arrotola come fossero spaghetti: il gusto amaro della cicoria si arricchisce della dolce pastosità delle fave.

Cavatelli e ceci all’uso

  Ingredienti 400 gr di ceci, una costa di sedano, uno spicchio d’aglio, 6 cucchiai di olio extravergine d’oliva cultivar coratina, pepe, sale. per la pasta: 250 gr di farina, acqua preparazione mettere a bagno i ceci dalla sera precedente in acqua tiepida e sale, al mattino colarli, sciacquarli e cuocerli a fuoco basso in una pignatello di coccio incoperchiato, con una costa di sedano, uno spicchio d’aglio, sale e un poco di acqua tiepida. I ceci hanno bisogno di almeno 3 ore di cottura. Nel frattempo impastare 250 gr di farina con acqua fino ad ottenere una pasta tenera ma non molle; prenderne dei pezzettini e stenderli ricavandone un rotolino dello spessore di un centimetro, tagliarlo in piccoli tocchetti da incavare facendo pressione con un dito. Si otterranno così i “cavatelli”. quando i ceci sono giunti a cottura (fare attenzione che ci sia abbastanza acqua nella pentola) aggiungere i cavatelli crudi e portateli ad ebollizione. Servire in una zuppiera o nella stessa pentola di coccio, aggiungendo sei cucchiai di olio extravergine d’oliva possibilmente novello e pepe.

Broccoli alle olive nere

  Ingredienti 750 g di broccoli 6 cucchiai di olio extravergine d’oliva 80 g di olive nere snocciolate 1/2 bicchiere di vino bianco secco 40 g di pecorino grattugiato un pezzetto di peperoncino rosso sale Preparazione Mondate e lavate i broccoli, conservando solo le parti tenere. Lessateli in acqua bollente per 5 minuti, poi scolateli e versateli subito in un tegame. Unite l`olio, le olive, il vino e il peperoncino. Salate e cuocete a fuoco basso per circa 10 minuti. Spolverizzate con il pecorino grattugiato, mescolate continuamente per due minuti, poi serviteli ben caldi.

Brasciole al sugo

  Gli INVOLTINI AL SUGO sono una tipica ricetta della mia zona, presente sulla tavola della maggior parte dei pugliesi, la Domenica a pranzo, e se rimangono anche a cena. Con il sugo vengono condite le famose orecchiette o anche altra pasta fatta in casa. “BRASCIOLE” è il nome che viene dato a questa sorta d’involtini. Il ripieno varia di zona in zona e da famiglia a famiglia. C’è chi, nel ripieno, mette molto pepe, chi non usa il grana ma il pecorino, chi aggiunge anche la pancetta e la cipolla. Io di mio ne faccio una versione molto semplice e appagante (almeno per quello che sono i miei gusti), che contempla formaggio, sale, prezzemolo fresco, poco aglio e talvolta pepe. La tradizione li vorrebbe di carne di cavallo, ma oggigiorno il vitello e il manzo sono diventati suoi degni sostituti. La cottura del sugo è molto lenta e lunga, per far sì che gli involtini diventino morbidissimi, la carne di deve quasi sciogliere in bocca, per tale motivo la preparazione di questa ricetta inizia la sera prima, confezionando gli involtini e prosegue la Domenica mattina presto con la loro cottura. Io, per il tipo di carne che utilizzo li faccio cuocere due ore, ma c’è anche chi fa cotture di tre o quattro ore. Il sugo di accompagnamento è a base di cipolla, olio e passata di pomodoro casalinga, in genere preparata l’estate prima. Ingredienti per le fettine: 600 gr di fettine di cavallo per involtini grana grattugiato: circa 1 cucchiaino pieno a fettina prezzemolo a piacere sale pepe aglio per il sugo: olio extravergine di oliva 2 scalogni o cipolle 2 bicchieri di vino rosso 1 bottiglia di passata di pomodoro 4 scatole di pomodorini in scatola (va bene anche la polpa) sale procedimento: La sera prima preparare gli involtini per farli insaporire. Distendere le fettine su un tagliere e salarle. Insaporirle con aglio tritato a piacere. grana grattugiato e a piacere un pizzico di pepe nero, abbondante prezzemolo. Quindi cominciare ad arrotolare, facendo attenzione a non far fuoriuscire il ripieno e fermarli con un paio di stuzzicadenti, oppure con lo spago da cucina. In una pentola mettere a freddo olio, scalogno o cipolla e involtini e porre sul fuoco a fiamma media; una volta che si saranno rosolati per bene sfumare con il vino rosso. Quando il vino sarà del tutto sfumato, aggiungere i pomodorini in scatola e la passata di pomodoro e portare a bollore; far cuocere a fiamma bassa per due ore o finchè la carne è tenera. Qui dopo un’ora di cottura, se il sugo dovesse ridursi troppo, aggiungere poca acqua calda. A fine cottura, controllare la sapidità e, se occorre, salare quindi cuocere la pasta e servire…

Quanto costa un litro d’olio extravergine d’oliva?

  La domanda non è retorica, basta osservare il divario dei prezzi al pubblico presentati sugli scaffali di un qualunque supermercato che variano dai €.2,50 fino a 17-18 Euro al litro. Un consiglio mai troppo banale resta quello di verificare sull’etichetta che l’olio in questione sia sempre classificato come extravergine d’oliva. A parità di qualità sono comunque innumerevoli i fattori che incidono sul prezzo finale. Non è vero però che non sia possibile farsi quattro conti in tasca: è un fatto di onestà e trasparenza anche se occorre tuttavia tenere ben presente che lo scenario che qui si vuole schematizzare è in realtà più complesso di quanto non si prospetti. È fondamentale predeterminare in via di massima i costi di base che un produttore deve sopportare per produrre un litro d’olio. I costi di base sono determinati in larga parte dal costo di produzione delle olive, ovviamente, dal costo della molitura e da quelli di stoccaggio dell’olio, ovvero tutte quelle operazioni dirette a confezionare l’olio ottenuto.   Produzione “fai da te” Se decidessi di produrti da solo dell’olio di oliva dovresti innanzi tutto procurarti la materia prima; ·         Le olive per procurartele hai due possibilità: o intercettare un produttore di tua conoscenza e chiedergli di venderti alcuni quintali delle sue olive, delle quali, si suppone, puoi conoscerne la provenienza, oppure puoi recarti in un centro raccolta dove i produttori conferiscono il loro prodotto e quindi dove affluiscono olive da un bacino potenzialmente sterminato e acquistarne senza saperne nulla circa la provenienza ed i metodi agronomici cui sono state sottoposte. Olive anonime dunque. Detto ciò, occorre determinare quante olive sono necessarie per ottenere un litro d’olio: Il disciplinare D.O.P. prescrive che la resa di un quintale di olive non superi il 22%, cioè che da un quintale di olive non si ricavino più di 22 litri d’olio: possiamo assicurare che le rese reali sono ben al di sotto di tale soglia e che, mediamente da un quintale di olive non si ricava oltre 15 – 16 litri d’olio, valore da ottimisti. Se dividiamo il quintale di olive per i quindici litri d’olio che se ne ottengono scopriamo che in media per ottenere un litro d’olio sono necessari almeno ben kg.7 di olive. Il prezzo delle olive al frantoio, abbiamo detto, si aggira sui 35,00 euro per quintale; se ne ricava che un kg di olive costi almeno €.0,35 che moltiplicati per 7 kg necessari per ottenere il litro d’olio, fanno €.2,45. È ora necessario ricavarne l’olio: ·         La molitura In soldoni, spremere olio dalle olive con un frantoio tradizionale costa mediamente circa €.15,00 per ogni quintale di olive molite, il che vuol dire che per 1 kg di olive, si deve sborsare €.0,15. Se moltiplichiamo questo ultimo valore per i 7 kg di olive necessari ad ottenere un litro d’olio, ricaviamo che produrre un litro d’olio costa ancora ben €.1,05. E siamo a €.3,50 di costo del prodotto nudo al litro. Per portartelo a casa sarà poi necessario procurarti dei contenitori in acciaio (per un contenitore da Lt.30 sono necessari €.35). che lascerai al frantoio affinché possa riempirteli a fine ciclo e nei quali lo lascerai decantare, per poi trasferirlo nei contenitori da cucina e da tavola. In questa maniera hai sicuramente realizzato una economia, sempre ammesso che vivi in zona di produzione, che sei disponibile a dedicarti alle succitate attività e che trovi il produttore disposto a cederti delle olive di qualità al prezzo di “ammasso” di €.35 al quintale.   ******************** Per l’onesto produttore che realizza un prodotto di qualità salutare, la cura della pianta acquista un notevole valore aggiunto, soprattutto se si sceglie di fare a meno di trattamenti chimici, ritenuti dannosi per la salute dell’uomo e dell’ambiente, e si utilizzano metodi di coltivazione naturali, basati sulle competenze e sul lavoro dell’uomo e, come tali, più costosi. Si può pertanto tranquillamente affermare che il costo di produzione di un quintale di olive di cultivar selezionata, non trattate chimicamente e raccolte per tempo tocca i 42 – 43 Euro, certamente al di sopra di quei 35 euro che paga il frantoio. Stoccaggio L’olio spremuto va poi trasportato nel deposito e stipato necessariamente in contenitori a prova di luce ed aria affinché possa decantare, senza perdere le sue caratteristiche, e quindi trasferito nelle bottiglie o nelle latte in banda stagnata di diversa capacità destinate al consumo quotidiano. Lo stoccaggio si configura dunque come quella serie di attività dirette a garantire la conservazione e la commercializzazione dell’olio. Non è semplice quantificare il costo di un’operazione complessa quanto quella di stoccaggio, in genere al costo della manodopera occorre aggiungere quello dei locali e dei contenitori e delle attrezzature di confezionamento. (Per dare un’idea che sia anche soltanto approssimativa facciamo notare che, il solo costo di un contenitore di latta da 5 l è di almeno €.2,50) il che vuol dire che lo stoccaggio di un litro d’olio costa almeno €.0,90. È la somma che fa il totale Ecco dunque che è possibile tirare le somme: su ogni litro d’olio extravergine incidono €.2,94 di olive, €.1,05 di molitura e €.0,90 di stoccaggio, che sommati insieme danno un valore di €.4,89 per litro. Questi sono solo i costi secchi quantificati che non tengono conto dell’incidenza delle tasse. Ma soprattutto i costi appena elencati sono semplici ipotetici costi di produzione e come tali non tengono conto del giusto guadagno che il produttore dovrà pur realizzare. Prezzi inferiori dovrebbero indurre seriamente il consumatore a sospettare in quanto sono possibili, nel caso migliore, quando si tratta di stoccaggi di magazzino di olio prossimo al termine della sua vita e che si deve necessariamente smaltire per evitare di buttarlo; nel caso peggiore si è in presenza di autentiche frodi alimentari. Valore aggiunto Sin qui abbiamo parlato di olio extravergine ma non si è fatto alcun rifermento alla provenienza delle olive, né alla presenza o meno di eventuali trattamenti fitosanitari e con quali prodotti. Quanti consumatori si chiedono realmente da quali olive è stato estratto l’olio che si portano in tavola? Spesso mi sento dire “vado al frantoio e metto io stesso sotto il mio bidone”. Tutto vero, ma ti sei informato sulla provenienza delle olive che il frantoio ha messo “sopra”? E ti sei chiesto quali trattamenti l’agricoltore abbia effettuato? In molti si accontentano che le olive abbiano provenienza italiana; già molti di meno pretendono che le olive crescano e maturino interamente su territorio italiano; quasi nessuno sa cos’è la cultivar. Meditate, gente. Meditate.

Denominazioni dell’olio di oliva

  Denominazioni dell’olio di oliva (legge n° 1407 del13/11/1960). Riportiamo di seguito le denominazioni dell’olio di oliva secondo la legislazione italiana Norme di base per la commestibilità dell’olio di oliva sono il contenuto di acidità (perché l’olio di oliva sia commestibile deve contenere non più del 4% in peso di acidità, espressa come acido oleico) e l’odore che risulta all’esame organolettico. Olio extravergine d’oliva Olio che, ottenuto meccanicamente dalle olive, non abbia subito manipolazioni chimiche, ma solo il lavaggio, la sedimentazione e la filtrazione. Non deve contenere più dell’1% in peso di acidità, espressa come acido oleico, senza tolleranza alcuna. Alla denominazione di olio extravergine di oliva può essere aggiunta l’indicazione della provenienza. Olio sopraffino vergine d’oliva Olio che, ottenuto meccanicamente dalle olive, non abbia subito manipolazioni chimiche, ma solo il lavaggio, la sedimentazione e la filtrazione. Non deve contenere più dell’1,5% in peso di acidità, espressa come acido oleico Olio fino vergine di oliva Olio che, ottenuto meccanicamente dalle olive, non abbia subito manipolazioni chimiche, ma solo il lavaggio, la sedimentazione e la filtrazione. Non deve contenere più del 3% in peso di acidità, espressa come acido oleico Olio vergine di oliva Olio che, ottenuto meccanicamente dalle olive, non abbia subito manipolazioni chimiche, ma solo il lavaggio, la sedimentazione e la filtrazione. Non deve contenere più del 4% in peso di acidità, espressa come acido oleico Olio d’oliva rettificato Denominazione riservata al prodotto ottenuto da olio lampante reso commestibile con il processo degli alcali o con processi fisici. Olio di sansa d’oliva rettificato Denominazione riservata al prodotto ottenuto con olio estratto con solventi dalla sansa d’oliva e da olio lavato reso commestibile. L’olio d’olive rettificato e l’olio di sansa d’oliva rettificato non devono contenere tracce delle sostanze chimiche adoperate e devo avere non più dello 0,5% in peso di acidità, espresso come acido oleico. Olio d’oliva Denominazione riservata al prodotto ottenuto dalla miscela di olio di sansa d’oliva rettificato con olio di oliva vergine, purché non contenga più del 3% in peso di acidità espressa come acido oleico.

COLTIVAZIONE

Ulivi allevati a vaso (tipico pugliese) con una densità di 100 piante per ettaro. Dice un detto popolare che l’olivo, per vivere bene, ha bisogno di cinque “S” indispensabili: silenzio, siccità, solitudine, sole e sassi. Tecnicamente l’olivo necessita di un clima mite, senza forti sbalzi termici e temperature che non scendano al di sotto dei -5 C. Preferisce quindi un clima marittimo o, al massimo, del medio e basso Mediterraneo, comunque non montano (massimo 800 m.s.l.m.). L’olivo è presente anche nella zona dei grandi laghi alpini e in alcune località del vicentino, veronese, padovano e della Venezia-Giulia, grazie al loro particolare microclima. Anche se l’olivo è una pianta di estrema rusticità e vitalità, esso è particolarmente esigente nei riguardi di alcune condizioni ambientali. Il germogliamento ha inizio quando la temperatura raggiunge i 10-11 C e allega a 21-22 C, ma teme i freddi e le gelate (a -7 C gela). Non tollera l’umidità. Gli si addicono esposizioni e giaciture aperte e ventilate dove non c’è nebbia persistente. Sono da escludere le esposizioni al nord, eccetto in alcune zone calde del sud. Per le radici l’umidità stagnante è molto pericolosa, per questo sono importanti e necessari i lavori di drenaggio e sistemazione idraulica. Il terreno argilloso-calcareo o tufaceo, con buona dotazione di sostanza organica, è l’ideale per l’olivo, anche se si adatta bene agli altri terreni. L’olivo, inoltre, è una pianta calciofila (ama il calcio), per questo sono da escludere i terreni fortemente acidi (pH inferiore a 5) a meno che non si possa correggerli con abbondanti calcitazioni. L’obiettivo della potatura deve essere quello di mantenere la piena efficienza della chioma; regolare l’accrescimento e la distribuzione dei rami a frutto in rapporto alla tecnica di raccolta adottata; favorire un elevato rapporto tra superficie fogliare e legno; permettere una buona circolazione dell’aria e una buona esposizione alla luce della chioma; ridurre gli eccessi di produzione per controllare il fenomeno dell’alternanza produttiva. Nei primi anni di allevamento (fase di accrescimento della pianta e di produzione crescente) la potatura sarà contenuta; nella fase adulta (produzione a regime) sarà di media intensità durante la fase di invecchiamento, quando è più forte il fenomeno dell’alternanza, la potatura sarà più energica. In passato si pensava, sbagliando, che la potatura energica servisse a stimolare l’accrescimento delle piantine e la fruttificazione precoce e per regolare la produzione delle piante adulte. Oggi è stato acquisito il fatto che eccessi di potatura, sono pratiche decisamente negative durante la fase di crescita e, successivamente, possono provocare situazioni di squilibrio vegeto-produttivo che vanno corrette con concimazioni e irrigazioni, influendo sulle tecniche di difesa. È consigliabile effettuare la potatura subito dopo la raccolta. Relativamente alle diverse forme di allevamento, ci sono tre forme di potatura: potatura secca, detta a legno o d’inverno perché si pratica nel periodo di riposo (gennaio-marzo); potatura verde, chiamata pure d’estate, di rimonda, di completamento; potatura straordinaria.FORME DI ALLEVAMENTOLa forma a vaso è, comunque, la più diffusa tra i sistemi di allevamento dell’olivo. Dal fusto, una volta reciso a una determinata altezza, si fanno partire esternamente delle branche (in modo diverso) che daranno alla chioma la forma di cono, o di cilindro, Oppure conico-cilindrica, o tronco-conica. E un sistema che permette un buon arieggiamento della chioma evitando l’eccessivo infittimento della vegetazione. Il vaso policonico, con le branche impalcate a 1-2 m da terra, permette le lavorazioni e la crescita sottochioma delle specie erbacee. Contemporaneamente consente alle piante di fruttificare molto in alto, rendendo difficili e costose le operazioni di potatura e raccolta. Quando le piante hanno raggiunto la maturità sono necessarie le scale, perciò, si stanno diffondendo altre forme di allevamento. La forma libera o a cespuglio, si ottiene senza effettuare nessun intervento di potatura alla pianta nei primi 8-10 anni, fatto salvo l’eventuale diradamento dei rametti alla base per i primi 40-50 cm, da effettuarsi subito dopo il trapianto o alla fine del primo anno. In seguito allo sviluppo dell’olivo, si ottiene un cespuglio globoide con varie cime e contenuto in altezza, simile alla forma naturale. Dal 10° anno in poi si prevedono interventi di potatura più o meno drastici che possono andare da un abbassamento delle cime, con contemporaneo sfoltimento della chioma, a una stroncatura (turnata) di tutte le piante dell’appezzamento. Nel globo, forma molto simile al cespuglio, il fusto è stato reciso a una determinata altezza e le branche si sviluppano da tale piano senza un ordine prestabilito per raggiungere, con le ramificazioni, altezze diverse; nel complesso la chioma dell’olivo prende una forma globosa. Quando le ramificazioni non scendono molto lateralmente, ma si estendono soltanto nella parte superiore, come quelle del pino da pinoli, si ha l’ombrello. Tra le forme di allevamento basse ricordiamo: la palmetta libera, il vaso cespugliato, il cespuglio allargato lungo il filare (ellittico) o espanso (circolare), monocono o a cordone, a siepone. Queste forme tendono a realizzare una massa continua di vegetazione lungo il filare alta fino a 4 m. Il vaso cespugliato presenta 3-4 branche principali .che si dipartono dal suolo e possono derivàre da gruppi di 3-4 piantine. Il monocono è una forma a tutta cima, molto simile al fusetto utilizzato in frutticoltura, di semplice manualità nella potatura. Per l’impostazione di questa forma di allevamento si consigliano potature estive di formazione nei primi due anni allo scopo di eliminare le ramificazioni basali del tronco nei primi 80-90 cm, guidare la cima al tutore e sopprimere eventuali ramificazioni laterali assurgenti che possono entrare in concorrenza con l’unica cima. I rami legnosi saranno intervallati tra loro di 50-60 cm in modo da conferire alla pianta, a struttura ultimata, la forma di un cono col vertice rivolto verso l’alto. È la forma di allevamento più adatta alla raccolta meccanica per vibrazione del tronco, ma la fruttificazione non è sempre regolare. Le forme di allevamento libere sono più adatte per quelle aziende che dispongono di poca manodopera per le operazioni di potatura e raccolta. Nel capitolo dedicato alla potatura abbiamo scritto che vari sono i sistemi di allevamento e che essi cambiano da zona a zona, da varietà a varietà ma, soprattutto, in funzione del tipo di raccolta da praticare. Non si deve dimenticare, comunque, che l’olivo è una pianta mediterranea. Come tale essa ha bisogno di molta luce e aria e ha bisogno della maggior massa di foglie per dare buoni risultati produttivi, che produce su rami di un anno compiuto, da rinnovare annualmente, evitando, allo stesso tempo, gli ombreggiamenti che hanno effetti sensibili e negativi sui risultati produttivi ed economici della coltura.